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La vacanza in barca a vela

In uno qualsiasi dei prossimi giorni osserviamo, passeggiando nella nostra città, i nostri concittadini che si muovono per andare a lavorare, che vanno a scuola o a fare la spesa. Osserviamoli e cerchiamo di capire di che cosa hanno bisogno, che cosa stanno cercando, quali sono i loro sogni. Probabilmente una gran parte di loro sogna un migliore e più  grande contatto con la natura che deriva da un innato desiderio di libertà.

La vela, l’andare per mare a vela potrebbe essere ciò di cui hanno bisogno.
Una vacanza in barca a vela non è soltanto un modo per immergersi nella natura. E’ anche un modo per conoscere se stessi e per vivere un’altra dimensione. Quest’ultima affermazione è vaga soltanto in apparenza perché anche il non esperto intuisce con grande chiarezza che l’andar per mare comporta un approccio al viaggio del tutto particolare ed assolutamente diverso da tutti gli altri. “In mare non ci sono taverne” – “In mare non ci sono officine” – “In mare non ci sono certezze”: andar per mare è scomodo, richiede abilità, senso pratico, buon senso, un minimo di sforzo fisico e di resistenza alla fatica ed ai disagi, sangue freddo, capacità di valutare con chiarezza di pensiero le opzioni che ci si presentano in situazione difficili.

Tutti sanno che andar per mare è rischioso, ma è proprio la presenza di un minimo di rischio (in realtà molto modesto) che dà al navigare a vela quel pizzico di avventura di cui molte persone hanno bisogno.
Il senso del trascorrere del tempo è lo stesso che provavano i grandi navigatori del passato. Anche se è senz’altro vero che oggi navighiamo su barche di gran lunga più sicure di quelle di pochi decenni fa, i gesti che facciamo e le ansie che ci accompagnano, sono le stesse dei navigatori di ieri. Mettersi in viaggio con una barca a vela e, manovrando a vela, raggiungere una meta, una città, implica un insieme di conoscenze affascinanti. Arrivare in una città dal mare sulla nostra barca non è la stessa cosa che andarci con l’auto, con la nave o con l’aeroplano. Un’isola raggiunta in aereo non ci regala le stesse emozioni di un’isola raggiunta con la barca dopo giorni di navigazione, magari impegnativa. Anche se l’impresa di traversare l’Atlantico ai giorni nostri è nulla in confronto alle gesta di Cristoforo Colombo, provate a pensare alle sensazioni che si possono provare quando si avvista terra dopo alcune settimane di navigazione e confrontatele con le analoghe di chi è arrivato in aeroplano.

Rispetto a qualche decennio fa l’andar per mare è cambiato. Sono cambiate (in meglio) le barche, gli strumenti, le attrezzature e…. la mentalità di chi va per mare. Sembra addirittura che anche le istituzioni comincino ad avere verso il turismo nautico una maggiore attenzione ed un punto di vista più benevolo.  Prima il senso di avventura era molto forte. Poteva anche capitare di intraprendere il viaggio senza sapere con precisione che cosa ci aspettava nel porto di arrivo. Ci si doveva preoccupare di essere assolutamente autonomi. Oggi la situazione è sicuramente migliorata perché l’intensificarsi dell’attività nautica ha indotto un aumento del numero e della qualità dei servizi a terra. Esiste la possibilità di rimanere in comunicazione con la terraferma in tempo reale e di essere informati su tutto quello che può interessare la navigazione.

Rimane però sempre vero il fatto che in mare le incognite sono sempre tante e che, durante la navigazione, non ci si può rilassare del tutto. Dal punto di vista della sicurezza e del comfort a bordo i nuovi materiali, l’affidabilità delle attrezzature e degli strumenti, l’elettronica rivestono un ruolo importante, ma, e ciò è evidente a tutti, è assolutamente necessario avere padronanza della nostra barca, conoscerne ogni angolo, conoscere perfettamente il funzionamento degli impianti, degli strumenti e dell’attrezzatura.
Non è quindi difficile comprendere come, anche ai nostri giorni, l’andar per mare a vela rimanga un’avventura. Quest’avventura, specialmente se il viaggio da intraprendere ci conduce in luoghi lontani, comincia ancor prima di prendere il mare. Già durante l’inverno che precede la nostra crociera estiva si comincia progettarla, a programmare le varie tappe, con la loro lunghezza e con la loro difficoltà, si consultano i portolani, ci si procurano le carte nautiche, si pensa all’alternarsi dei vari equipaggi, si discutono con loro eventuali alternative all’idea originale e, soprattutto, si eseguono quei piccoli lavori di manutenzione che renderanno il nostro fantastico mezzo di viaggio sicuro, affidabile ed efficiente.

Chi fa ripetutamente crociere che lo portano a breve distanza dal suo porto di armamento, per intenderci fino a 200/300 miglia, rimane sempre in contatto con luoghi e con popoli che conosce bene, resta in una zona all’interno della quale sa come muoversi e, comunque ha un atteggiamento psicologico di contatto con la sua città di residenza. Ciò lo porta a non dare molta importanza ad alcuni aspetti della navigazione. Quando arriva il momento di partire, fa i soliti controlli di routine, fa cambusa e molla gli ormeggi; egli sa che, in presenza di qualsiasi problema, può rientrare con grande rapidità utilizzando i mezzi di trasporto pubblico (navi, aliscafi, aeroplani, automobili, ecc.).
Chi, invece, fa crociere lunghe sa perfettamente che la situazione (sia psicologica che reale) cambia profondamente e quindi si preoccupa per tempo di eseguire accurati controlli e preparazione accurata e meticolosa della sua barca. In queste situazioni bisogna alarla a terra disporla su un’invasatura ed esaminare con scrupolo maniacale, ogni saracinesca, l’attacco del bulbo di deriva, la solidità del timone, ecc.; si eseguono controlli accurati circa l’efficienza dei vari strumenti e delle attrezzature (motore, salpa ancora, frigorifero, pilota automatico, apparati radio, sistemi di radio posizionamento, attrezzature di sicurezza, ecc,). Ci si procurano molti pezzi di rispetto per il motore, per gli strumenti e per le attrezzature in genere.

Tutto ciò è inoltre anche l’unico sistema per imparare a conoscere meglio la barca in modo di saper intervenire in caso di necessità. Non saper effettuare un cambio dell’olio del motore, del filtro del carburante, della “girante” che pompa l’acqua di raffreddamento, ignorare come si può riparare una vela, non avere, insomma, conoscenza approfondita della barca e di tutti gli impianti di bordo può fare la differenza tra il restare in avaria in alto mare o, invece, risolvere brillantemente una situazione spiacevole e proseguire, con ancora maggiore soddisfazione psicologica il viaggio intrapreso.
Quando si va per mare ci si affida alla barca e questa deve funzionare; quando ciò non avviene tutto diventa poco piacevole.
Chi ha avuto la fortuna di cominciare a navigare fin da bambino, su una deriva o a bordo della barca dei suoi genitori, ha sicuramente meno problemi da risolvere per passare al pozzetto di un cabinato a vela.
Chi, invece, comincia da adulto è bene che frequenti una scuola seria ed affidabile che gli permetta di approfondire e di mettere in pratica quanto letto sui libri e poi faccia esperienza di navigazione fino ad acquisire una buona esperienza .
Entrambe le conoscenze (pratiche e teoriche) sono indispensabili; senza la pratica la teoria rimane un esercizio mentale che ci fa bene perché aiuta a sognare situazioni belle e piacevoli; d’altronde anche la pratica senza la teoria rimane un po’ monca e fa sì che la comprensione dei vari meccanismi che governano l’andar per mare  avvenga in tempi molto più lunghi.
Quindi: andiamo in barca a vela e divertiamoci !!

Qualora la vostra passione per la barca a vela diventi cosi grande da spingervi ad acquistarne una, potrebbe esservi di aiuto qualche consiglio e allora dovete passare alla seconda parte di questa sezione dedicata a chi ha deciso di “farsi la barca
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